Metallized vede dell’ottimo potenziale in Materioteca 08: “la band è riuscita a centrare l’obiettivo perché effettivamente i Wood of Light presentano uno stile proprio con delle sonorità molto personali”
I Wood of Light nascono nel 2005 da un progetto di Osvaldo Indriolo e Martino Vittori, con l’intento dichiarato di realizzare della musica che si discostasse dai normali canoni del metal e del progressive e proporre qualcosa di nuovo e stimolante.
Al fine di presentare la propria musica ed il proprio stile, la band ha realizzato un primo EP nel 2008, intitolato Materioteca 07, seguito da Materioteca 08, pubblicato quest’anno, che ci accingiamo a commentare in questa sede.
Entrambi i due EP evocano già nel titolo l’idea di una sorta di raccolta del materiale finora prodotto dalla Band, anche se si riscontra una certa omogeneità di fondo che fa pensare in realtà a delle elaborazioni concepite e create alla luce di un progetto e di un contesto ben preciso.
Materioteca 08 è composto di tre tracce, mediamente di lunga durata. I titoli dei brani sono sicuramente tra gli aspetti più originali, visto che il significato appare in verità abbastanza ermetico.
Il primo di essi, già per farsi un’idea immediata, s’intitola infatti ProjeT.I.C. L’inizio del brano appare influenzato dai Dream Theater, con le tastiere in bella evidenza; dopo un inizio dalle sonorità tipicamente metal prog, le strofe hanno una veste più melodica, con effetti particolari creati dalle tastiere, che imitano anche il suono del theremin. Sul ritornello i suoni s’induriscono nuovamente, con la voce solista sempre alta e dei cori che quasi duettano con essa. I temi ad ogni modo cambiano ripetutamente (tra essi vengono anche inseriti due begli assoli, rispettivamente di tastiere e di chitarra), dando l’idea di una struttura dinamica e a forte connotazione progressiva del brano.
La seconda traccia, Dyngasping for Breath, si apre con un delicato intro con il piano, il cui arpeggio viene ripreso poi con le tastiere accompagnate dal resto degli strumenti.
Si tratta di uno strumentale dove è presente solo una voce sussurrata (avete presente quando avete la voce bassa la mattina appena alzati?), a parere di chi scrive la cosa più brutta del disco. Il brano prosegue tra un susseguirsi di scale ed assoli, alcune anche di stampo neoclassico, pure in questo caso all’insegna della varietà.
Chiude 00.74 AM (The Secret), probabilmente il pezzo più intrigante ed ambizioso tra quelli proposti nel disco. Il brano si apre stavolta in maniera rilassata, con dolci melodie e raffinati arpeggi di chitarra, in un’atmosfera quasi sognante, che diventa più intensa e coinvolgente al momento del ritornello. Il risultato è particolarmente convincente e la band davvero riesce ad emozionare per tutta la durata del brano.
Una volta fatta questa sommaria analisi del disco, ci sembra di poter dire che la band è riuscita a centrare il proprio obiettivo primario, come sopra enunciato, perché effettivamente i Wood of Light presentano uno stile proprio con delle sonorità molto personali, difficilmente paragonabili ad altre band, benché di certo siano riscontrabili molteplici influenze, specialmente in ambito metal prog, ma non solo. Certo, va anche detto che non sempre il song-writing sembri brillare per originalità, a dispetto della complessità dei brani, risultando un po’ derivativo proprio nei pezzi più tecnici ed aggressivi, che dovrebbero probabilmente costituire il loro principale biglietto da visita.
Dal punto di vista puramente sonoro, ci sembra che andrebbero sicuramente meglio valorizzate le chitarre, che da quanto possiamo sentire non sembrano possedere tuttavia sempre un suono ottimale, risultando inoltre a volte un po’ sacrificate rispetto alle tastiere, in certi frangenti troppo in evidenza rispetto al resto degli strumenti.
Naturalmente, queste sono semplici considerazioni di fondo che, per inciso, non inficiano la buona qualità del lavoro, sicuramente un ottimo punto di partenza per una band dalle grandi potenzialità ma già in grado di presentare spunti particolarmente interessanti.
Vedremo peraltro cosa deriverà dai recenti cambi di line-up, essendo subentrati alla voce Simone Colman al posto di Paolo Guerra e Davide Schimd alla batteria in luogo di Martino Vittori.
A cura di Elio Ferrara “Holydiver”.
Al fine di presentare la propria musica ed il proprio stile, la band ha realizzato un primo EP nel 2008, intitolato Materioteca 07, seguito da Materioteca 08, pubblicato quest’anno, che ci accingiamo a commentare in questa sede.
Entrambi i due EP evocano già nel titolo l’idea di una sorta di raccolta del materiale finora prodotto dalla Band, anche se si riscontra una certa omogeneità di fondo che fa pensare in realtà a delle elaborazioni concepite e create alla luce di un progetto e di un contesto ben preciso.
Materioteca 08 è composto di tre tracce, mediamente di lunga durata. I titoli dei brani sono sicuramente tra gli aspetti più originali, visto che il significato appare in verità abbastanza ermetico.
Il primo di essi, già per farsi un’idea immediata, s’intitola infatti ProjeT.I.C. L’inizio del brano appare influenzato dai Dream Theater, con le tastiere in bella evidenza; dopo un inizio dalle sonorità tipicamente metal prog, le strofe hanno una veste più melodica, con effetti particolari creati dalle tastiere, che imitano anche il suono del theremin. Sul ritornello i suoni s’induriscono nuovamente, con la voce solista sempre alta e dei cori che quasi duettano con essa. I temi ad ogni modo cambiano ripetutamente (tra essi vengono anche inseriti due begli assoli, rispettivamente di tastiere e di chitarra), dando l’idea di una struttura dinamica e a forte connotazione progressiva del brano.
La seconda traccia, Dyngasping for Breath, si apre con un delicato intro con il piano, il cui arpeggio viene ripreso poi con le tastiere accompagnate dal resto degli strumenti.
Si tratta di uno strumentale dove è presente solo una voce sussurrata (avete presente quando avete la voce bassa la mattina appena alzati?), a parere di chi scrive la cosa più brutta del disco. Il brano prosegue tra un susseguirsi di scale ed assoli, alcune anche di stampo neoclassico, pure in questo caso all’insegna della varietà.
Chiude 00.74 AM (The Secret), probabilmente il pezzo più intrigante ed ambizioso tra quelli proposti nel disco. Il brano si apre stavolta in maniera rilassata, con dolci melodie e raffinati arpeggi di chitarra, in un’atmosfera quasi sognante, che diventa più intensa e coinvolgente al momento del ritornello. Il risultato è particolarmente convincente e la band davvero riesce ad emozionare per tutta la durata del brano.
Una volta fatta questa sommaria analisi del disco, ci sembra di poter dire che la band è riuscita a centrare il proprio obiettivo primario, come sopra enunciato, perché effettivamente i Wood of Light presentano uno stile proprio con delle sonorità molto personali, difficilmente paragonabili ad altre band, benché di certo siano riscontrabili molteplici influenze, specialmente in ambito metal prog, ma non solo. Certo, va anche detto che non sempre il song-writing sembri brillare per originalità, a dispetto della complessità dei brani, risultando un po’ derivativo proprio nei pezzi più tecnici ed aggressivi, che dovrebbero probabilmente costituire il loro principale biglietto da visita.
Dal punto di vista puramente sonoro, ci sembra che andrebbero sicuramente meglio valorizzate le chitarre, che da quanto possiamo sentire non sembrano possedere tuttavia sempre un suono ottimale, risultando inoltre a volte un po’ sacrificate rispetto alle tastiere, in certi frangenti troppo in evidenza rispetto al resto degli strumenti.
Naturalmente, queste sono semplici considerazioni di fondo che, per inciso, non inficiano la buona qualità del lavoro, sicuramente un ottimo punto di partenza per una band dalle grandi potenzialità ma già in grado di presentare spunti particolarmente interessanti.
Vedremo peraltro cosa deriverà dai recenti cambi di line-up, essendo subentrati alla voce Simone Colman al posto di Paolo Guerra e Davide Schimd alla batteria in luogo di Martino Vittori.
A cura di Elio Ferrara “Holydiver”.
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